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Brusegan Maria Grazia

CODERA. Silenzioso mondo di granito.

Unico rumore il suono della falce che fende l'erba, poi silenzio, segue un altro suono, inconfondibile e sempre più raro, quello della pietra che affila la lama. E' Celestino che sta falciando il prato davanti casa. Alziamo le braccia per salutarci, poi ci avviamo giù per la discesa e siamo subito nel bosco, il paese è già sparito.
Sono le dieci e stiamo lasciando Codera, ci siamo rimasti due giorni, brevi e intensi, un niente rispetto a chi ci vive tutto l'anno, ma sufficienti per affezionarci alle case di sasso, alle poche persone incontrate, al silenzioso mondo di questa valle.
 
Era da tanto tempo che desideravamo andare in Val Codera, ne avevamo letto spesso e sentito parlare come di una realtà rara e speciale. Speciale per l'architettura tipica, il patrimonio culturale, le vicende umane; rara per essere uno dei pochi paesi in Italia senza strada di collegamento e per questo molto integra.
I 500 metri che la separano dal fondo valle si superano a piedi percorrendo una bellissima mulattiera lastricata, un biglietto da visita della realtà che ci aspetta lassù.
Da sotto, da Novate Mezzola, nulla fa intuire che quella forra sia percorribile e che sopra possano esistere dei paesi. Oggi, che tutto deve essere comodo e facilmente raggiungibile, è difficile intuire perché mai i paesi venissero fatti così "scomodi" e fuori mano, ma un tempo le cose andavano diversamente, le valli erano poco sicure e malsane. Si stava decisamente meglio in alto dove c'era tutto quello che serviva.

Il percorso inizia a Mezzolpiano, 310 metri s.l.m. e subito si capisce che non sarà una passeggiata.
La via è larga un paio di metri, pavimentata con ciottoli e a tratti grandinata con blocchi di granito grigio chiaro. Pietre ruvide e dure ma pure levigate e un po' ingiallite nei punti dove da secoli i piedi appoggiano.
I gradini costringono a passi molto alti e fa caldo, molto caldo. Erica arborea, ginestra e cisto? A guardare la vegetazione sembra di essere sulla costa ligure, per fortuna che ornielli e castagni fanno un po' d'ombra. Ci sono anche robinie, qualche alto cerro, dei prugnoli, le rose selvatiche. Il paesaggio è verde e grigio, in autunno i fiori sono rari, qualche geranio selvatico, alcuni garofanini dal colore intensissimo. Un po' di rosso viene da penduli grappoli di bacche. Più frequenti invece le ghiande e decisamente abbondanti le castagne, in alcuni punti il sentiero è completamente coperto da un soffice letto di ricci. Sostiamo nel bel mezzo di un castagneto, il rumore dei passi cessa e subito si odono scricchiolii, tonfi, frullii, passi? cavalcate? Sono le foglie e i ricci dei castagni che cadendo incessantemente animano il bosco di suggestivi suoni.
La gola è stretta, sul fondo scorre il torrente. Siamo circondati da pareti scoscese e selvagge. Roccia, boschetti abbarbicati e ripidi prati si alternano fin sulle cime. Ogni tanto si esce allo scoperto, sono i punti in cui la roccia è stata denudata e rosicchiata da alcune cave ora in disuso; in disparte, abbandonato e rugginoso, c'è un cingolato, chissà come sarà arrivato fin li. Giù in basso il lago di Novate e più in fondo un ritaglio del lago di Como.
Ogni tanto ci appoggiamo alle "posole", massi squadrati di giusta altezza per riposarsi appoggiando zaini e gerle.
A 700 metri cominciano le prime betulle, poco dopo una serie di terrazzamenti. Siamo arrivati ad Avedèe, il primo gruppo di case della valle. Da qui non c'è più tanta salita ma Codera è ancora lontana.
La prima persona che incontriamo entrando in paese è una anziana signora, piccola e minuta, è nel cimitero, in compagnia di un cane.
Dopo il cimitero, a sinistra si incontra la chiesa, a destra la canonica e quella che doveva essere la scuola, ora Locanda o Casa di Valle con il piccolo Museo Etnografico. Tra questi tre edifici una piazzetta erbosa, poi il lavatoio e l'oratorio con il Museo della pietra e quindi le case, vicine vicine, di varie dimensioni e altezze, alcune anche a tre/quattro piani, con forme articolate. Tutto è di granito: selciato, gradini, muri, stipiti, focolari, tetti, i muretti a secco dei terrazzamenti.
All'Osteria Alpina c'è il campo da bocce.
Alcuni terrazzamenti sono coltivati con mais, patate e fagioli ma la gran parte sono abbandonati, coperti di vegetazione e inservibili. Le capre (di cui abbiamo potuto assaggiare l'ottimo formaggio) sono basilari per questa fragile economia, infatti a chi entra in valle accompagnato da cani viene chiesto di tenerli al guinzaglio per evitare che rincorrendole le danneggino.
Anche se semideserto si nota che il paese è abitato e curato, ci sono vigne e fiori, molte sono le case restaurate ma quasi tutte chiuse, usate nei periodi di vacanza o il sabato e domenica. Sono rari i camini da cui si esce del fumo e poche sono le persone che incontriamo. Eppure, alla fine del 1600 c'erano circa 500 abitanti, poi, recentemente, lo spopolamento, irrefrenabile. Ora vivono stabilmente solo 5 persone.
Certamente la popolazione non tornerà più quella di un tempo, ma qualche rientro sarebbe favorito se le condizioni e l'isolamento fossero meno dure. Per questo potrebbe essere sufficiente ripristinare la teleferica e realizzare la prospettata funivia, ciò limiterebbe (soprattutto d'estate) i continui sorvoli d'elicottero per trasportare materiali e persone, ma soprattutto allontanerebbe il progetto di costruzione di una strada che dovrebbe favorire le condizioni di vita degli abitanti ma che piuttosto sembra nascondere lo sfruttamento del prezioso granito sanfedelino (cudèra in dialetto) di cui la valle abbonda. Probabilmente, per lo sviluppo la comunità dovrebbe credere alle ricchezze culturali e naturalistiche e puntare di più su quello che viene definito "turismo sostenibile" maturo oggi per dare interessanti risultati.

Dopo la sosta a Codera per ascoltare, riflettere e scoprirne la ricchezza, è altrettanto importante proseguire lungo la valle per cogliere altri aspetti.
Poco fuori, vicini al sentiero alcuni bait del lat con l'acqua corrente all'interno, dove veniva conservato il latte prima della lavorazione. Si passa per CORTE, TIUNE, SALINE, qui l'orizzonte si apre e si addolcisce. La valle non è più completamente silenziosa, c'è il rumore del torrente che scorre vicino al sentiero, ora è calmo, ma il suo letto "esagerato" fa intuire grandi quantità d'acqua. Tante betulle gialle colorano la valle. Un grande acero sovrasta un capitello, a terra le foglie, luminose come lampadine. Arriviamo a BRESCIADEGA un altro grande borgo, c'è solo il rifugio aperto, non ci fermiamo, più avanti c'è un monumento naturale da vedere.
La valle sembra non finire mai, intanto incontriamo Primo che "viene da fuori" ma vive qui per molti mesi all'anno. Ci invita per un caffè nella sua baita. Per disporre di un po' di terreno e usufruire di legna e acqua ha acquistato anche una mezza erbata (unità di misura, con qui il Consorzio che gestisce quell'area calcola il terreno, relativa alla quantità d'erba necessaria per nutrire una mucca).

Qui l'acqua non manca, la più buona che finora mi sia capitato di bere. Dai fianchi dei monti, ormai chiusi ad anfiteatro, scendono decine di cascate, le più spettacolari sono le Cascate gemelle dell'Alpe Arnasca, appaiate, alte 30 metri.
E' ormai pomeriggio la luce è meravigliosa, ma sta diventando tardi dobbiamo fare in fretta.

Grazie alle indicazioni di Primo ci è facile individuare il "patriarca verde" che schivo e timido se ne sta immerso nel bosco. E' un grande abete bianco (ambiez) con una circonferenza di 5,70 metri e un'altezza di 22. Ci sediamo sotto di lui, per ammirarlo, per sentirne la forza e poi giù di corsa verso La Locanda.

Val Codera, davvero unica e speciale, lascia un segno in chi la visita. Ce ne andiamo sperando di tornare senza trovarla devastata da una strada che la farebbe somigliare a una delle tante valli alpine.

Prima di partire c'è ancora una cosa da vedere, il vecchio lavatoio vicino al fiume, quasi sommerso dai detriti sabbiosi portati dall'incessante trasparentissimo rivolo che consentiva il ricambio d'acqua. Anche alcuni massi di recente caduta ne compromettono l'esistenza. Ci appare quasi il simbolo della valle, dal vivace passato, compromessa dal passare del tempo, minacciata da nuove prospettive.

 

BUONO A SAPERSI
- Carte PIZZO BERNINA MONTE DISGRAZIA Edizioni Multigraphic 1:25.000 acquistabile in zona.
- Guide VAL CODERA Montagna per tutte le stagioni a cura dell'Associazione Amici Val Codera edizioni LYASIS acquistabile anche a mezzo Internet www.calypso.it/lyasis/catalogo_natura.htm
- Alloggi:
CODERA: Rifugio LA LOCANDA 0343 62037, 44375, Rifugio OSTERIA ALPINA 0343-44235.
BRESCIADEGA: rifugio 0343-44499
- Come arrivare: In Auto: Autostrada 4A uscita Bergamo proseguire per LECCO, BELLANO, COLICO, NOVATE MEZZOLA, deviare a destra per MEZZOLPIANO. Lasciare l'auto, da qui in 2-3 ore si arriva a CODERA. In treno: Linea Bergamo-Chiavenna stazione di Novate Mezzola.
- Notizie e foto www.valcodera.it ;
- ASSOCIAZIONE AMICI DELLA VAL CODERA tel. 0343 62037o 02 58104576/66503416
- Feste Processioni nei giorni di S.MARCO, S.GIOVANNI BATTISTA, ASSUNZIONE e SAN ROCCO.
- FESTA delle CASTAGNE nel "ponte dei Morti" con mercatino, prodotti tipici: feltro, ciotole legno, miele e con la raccolta e produzione di marmellata di castagno