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Brusegan Maria Grazia
Arizona CANYON de CHELLY
Una grande emozione mi coglie guardando
giù.
Da questa altezza mi sento come librata nell'aria e non sono più
persona, ma uccello.
Amo subito questo posto.
Tutt'intorno è un continuo intreccio di strida e voli di
rondoni, che esaltano la sensazione di vuoto, di libertà
e di spazio che mi circonda.
L'aria è così tersa che si possono vedere le singole
foglie di quell'albero laggiù, 300 metri sotto di me.
Giù, in fondo, il fiume scorre. Il canyon è opera
sua. Alte pareti di arenaria rossa contengono il suo fluire.
Un vero piacere estetico, turbato però dalla consapevolezza
dei tremendi fatti successi proprio laggiù.
Sotto di me scorre spazio e tempo. Quello che vedo è sublime
e drammatico.
I Navajo lo chiamarono canyon del destino. Fu proprio qui che
si compì la loro storia.
MASSACRE CAVE è chiamato quel posto. Capanne distrutte,
raccolti devastati, bestiame ucciso........
E' il 1864, Kit Carson vince definitivamente la resistenza dei
Navajo. Nel corso della battaglia fu massacrata l'intera tribù
e deportati i pochi sopravvissuti.
Questa popolazione scese dal Nord verso il 1000. Si dedicarono
all'agricoltura, ma furono anche abili allevatori e ottimi artigiani
(vimini, tessitura, ceramica, oreficeria), caratteristiche che
hanno mantenuto fino ad oggi, consentendogli di sviluppare una
buona economia grazie anche allo sfruttamento dei giacimenti petroliferi
scoperti nelle terre loro concesse.
Nonostante ciò, alcolismo ed emarginazione sono aspetti
che è possibile cogliere anche durante una breve visita.
Si nota anche un forte adeguamento alle abitudini ed allo stile
di vita imposto dai bianchi, ma nonostante tutto sembra che le
tradizioni ed i costumi siano ben radicati , nel mantenimento
della loro preziosa identità.
Questa zona è sacra ai Navajo e dal 1931 è di nuovo
terra loro.
Prima dei Navajo, questa zona fu abitata dagli ANASAZI fin dal
1300 A.C.
Apparentemente inaccessibili, protette da tetti naturali, poste
a mezz'aria, come il nido dei rondoni, , rimangono molte rovine
di antiche abitazioni.
Per completare questo giorno indimenticabile, niente di più
bello che la discesa verso White House (rovine del 1100). Equivale
ad entrare nel cuore del canyon, sentirne il calore, emanato dalle
rocce rosse, immergersi in questo colore. Il rosso qui è
predominante, ha un'infinità di sfumature, fino a diventare
azzurro e nero.
C'è stato anche il magico incontro con un Pellerossa. Saliva
a cavallo, lo sguardo severo, la camicia di un forgorante turchese,
come le pietre dei loro gioielli.
I primi coloni li chiamarono pellerossa. non tanto per il colore
della pelle, ma per l'uso di tingersi di rosso in determinati
rituali.
In fondo al canyon una donna sta accudendo ad un piccolo gregge
di pecore. Abita in un hogan, la tipica abitazione circolare fatta
di legno, ramoscelli ed argilla.
E' ormai il tramonto. Alla fine di questa intensissima, indimenticabile
giornata siamo di fronte a TSE NAASHJEEII (Spider Rock), il maestoso
monolito che rappresenta una importante divinità femminile
Navajo.
In questa zona sacra, TSE NAASHJEEII indica come sollevarsi verso
la purezza e la forza, nella difficile ricerca dell'unione tra
la terra e il cielo e tra tutte le cose:
"Io sono veramente il suo bambino
Assolutamente io sono il figlio della terra".
dal Canto Navajo della terra
è l'antica saggezza indiana, e ci fa riflettere sul rapporto con la natura e sul cattivo "uso" che spesso ne facciamo.
Il Canto della Sera Navajo ci congeda
con intense parole che contengono l'essenza di questo mondo meraviglioso:
".....con la bellezza attorno
a me, Io cammino .....
Ascolta
Annusa il pungente ginepro
Tocca, senti la dolce potenza della bellezza
Vecchie nere gibbose rocce lontane all'orizzonte.
Lassù una nuvola scura, presto pioverà su di noi"