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Copyright Brusegan Maria Grazia
Voglia di sole? ANDALUSIA!
E' vero, gli inverni non sono più
quelli di una volta: lunghi periodi con temperature rigide e mezzo
metro di neve anche dalle nostre parti. Ma per quelli come me,
che vivono l'inverno come imprigionati, da finestre chiuse e vestiti
ingombranti, la primavera arriva sempre troppo in ritardo. La
voglia di luce e sole ci coglie già a dicembre e dopo,
si fa necessità e desiderio di sud.
Un sud colorato, caldo, affascinante. Andalusia ad esempio: un
condensato di clima mite, arte e tradizioni, cucina saporita,
bel paesaggio.
Basta citare alcune città: Granada, Siviglia, Cordova,
e subito si pensa a gonne svolazzanti su gambe nervose che scandiscono
i tempi del flamenco, candidi villaggi su aride colline, vino
aromatico.
Granada: in primo piano le torri dell'Alhambra, sullo sfondo
i picchi innevati della Sierra Nevada.
Alhambra, la "fortezza
rossa", dove si rifugiarono gli ultimi mussulmani incalzati
dai Re cattolici. Da quel momento iniziò il progresso della
città. Era il 1236 e gli arabi vi restarono per 250 anni,
fino al 2 gennaio 1492, giorno in cui Muley Boabdil si consegnò
ai Re cattolici.
L'Alhambra è una cittadina murata, con residenze, moschea,
bagni, 22 torri, fortezza e splendidi giardini; particolarmente
preziosa per essere l'unico palazzo arabo medievale ancora intatto.
Ci si perde nella contemplazione dei decori nelle decine e decine
di stanze, quasi un labirinto; improvvisamente un cortile, l'immancabile
acqua veste il silenzio e muove guizzi di luce sugli intarsi dei
muri. Il patio de los leones è un capolavoro di eleganza.
Decine di esili colonne esaltano lo spazio e i volumi, al centro
del cortile dodici leoni sostengono la vasca di pietra bianca.
E ancora: la sala del consiglio, la camera dorata, la corte dei
mirti, il salone degli ambasciatori, i jardines del Portal, un
continuo di magiche atmosfere.
Dalla collina di San Nicolas una meravigliosa visione d'insieme.
Sedute sul muretto alcune donne gitane dal portamento fiero e
dallo sguardo magnetico caratterizzano la scena. Nella luce speciale
del tramonto, la "rossa" è sfolgorante.
La notte ricompone l'ebbrezza, il giorno dopo sarà Guadix
a stupirci con le vecchie case trogloditiche, tuttora abitate.
In un cortile un'anziana gitana è seduta al sole, la scena
è assolutamente fuori dal tempo.
La Spagna possiede una rete di alloggi, Paradores, che consentono
una sosta in luoghi particolarmente belli ed esclusivi.
A Jean il Parador de Santa
Catalina è una vera raffinatezza, E' un castello medievale
posto su un colle coperto di pini, l'aria è sottile lassù
e la vista eccezionale.
L'ingresso a Cordova deve avvenire dal ponte romano sul
Guadalquivir, ideale ingresso al carattere ed alla storia della
città: capitale di un vasto impero mussulmano, nel X secolo
fastosa come Costantinopoli e costellata da 300 moschee. Ma ciò
non contrastò l'armonia tra le tre culture: mussulmana,
cattolica, ebraica, a tutto vantaggio dell'arte, della scienza,
del sapere che qui potevano esprimersi in piena libertà.
Tre secoli di splendore.
Veniamo subito presi e avvolti dalla suggestiva atmosfera delle
stradine, dalle botteghe dove sapienti artigiani lavorano in modo
tradizionale cuoio e argento, dai giochi di luce dentro ai vicoli.
Anche il nostro alloggio è in un prezioso vecchio palazzo
all'interno della Juderia, l'antico e pittoresco quartiere ebreo
con la sinagoga del XIV secolo, una delle poche rimaste in Andalusia.
Il girovagare conduce alla Mezquita una delle moschee più
vaste del mondo. Il primo nucleo risale al 785. Esternamente l'edificio
è massiccio, quasi una fortezza, con mura, contrafforti,
merli.
Dentro ci coglie lo stupore, tutto
è leggiadria, eleganza, raccoglimento. Siamo di fronte
ad una vera selva di colonne, quasi 900, su cui posano due serie
di archi a fasce rosse e ambrate, una interessante intuizione
architettonica che allarga la visuale, il tutto arricchito da
mosaici dorati, arabeschi, cupole. Al centro, la Cattedrale cristiana
interrompe questo incanto, costruita dopo la riconquista per ordine
di Carlo V. Ci consola pensare che questo capolavoro, almeno,
non è stato distrutto totalmente.
E ora via verso altri luoghi, altri orizzonti. Strade deserte,
un tratto di pianura, in lontananza la Sierra Morena. Il traffico
aumenta stiamo arrivando alla prossima meta: Siviglia.
La parte più interessante delle città è sempre
avviluppata nelle spire di anonime periferie. Per arrivare al
cuore si deve compiere una sorta di gioco ad ostacoli: grandi
cartelli stradali con infinità di indicazioni, intrico
di strade e sensi unici a trabocchetto, la ricerca del parcheggio.
Questa volta il premio è una città dorata, un gioiello
nell'aridità della sierra. Con Siviglia il primo contatto
è gastronomico. Sono le 20, l'ora delle tapas. La città
si risveglia, i bar a tapas sono straripanti. In Spagna non si
cena prima delle 22, decine di spuntini gustosi interrompono il
languore, anzi direi la fame.
Rifocillato il corpo, ci si dedica con più entusiasmo alla
visita.
Siviglia è una splendida mescolanza di stili: moresco,
gotico, barocco.
Nella parte più antica, il barrio di Santa Cruz, i vicoli
si insinuano stretti e tortuosi tra le case bianche con grate
in ferro battuto. Un canto d'acqua proviene dalle fontane degli
ombrosi cortili interni "patios", straripanti di fiori
che inondano l'aria di fragranze e colore.
L'acqua presente ovunque
è testimone della dominazione araba, un bene prezioso con
cui arricchire le case.
Alta sulla cattedrale (la terza per grandezza al mondo) domina
la famosa Giralda che fu minareto prima di diventare torre campanaria.
In questa chiesa i marinai andavano a pregare prima di imbarcarsi,
e qui è sepolto Cristoforo Colombo.
L'Alcazar è un capolavoro dello stile mudéjar (arte
araba del XIV secolo). Sontuosa residenza dei re di Spagna, fu
costruita sui resti di una antica fortezza araba. Soffitti policromi,
cupole a stalattiti, pareti ricoperte da azulejos (piastrelle
di maiolica), sapiente uso di specchi per catturare la luce. Gruppi
di colombe volteggiano sui magnifici giardini con palme, agrumi
e fantasiosi giochi d'acqua.
Dalla Casa de Pilatos una fusione di mudéjar, gotico e
rinascimentale partono le processioni della Crocifissione che
per sette giorni coinvolgono tutta la città.
Siviglia è ormai dietro di noi, è mattina presto,
freschi e ricaricati ci gustiamo il nuovo paesaggio che sfila
in un carosello di alberi.
La strada sinuosa si infila tra
basse colline, seguendone le forme. Terra, ulivi e cielo. L'enorme
sagoma di un toro interrompe questa regolarità. Stiamo
arrivando a Ronda, è qui che nel '700, Pedro Romero,
un famoso torero, stabilì le regole della corrida (sembra
che 5000 tori siano il controvalore della sua fama). Non a caso
qui c'è la più antica e famosa arena di Spagna.
Poiché la mia simpatia va ai tori, Ronda mi interessa per
altri aspetti: per essere uno dei pueblos blancos più singolari
o per aver dato il nome ad uno dei più eleganti ritmi del
flamenco, la Rondenas.
Lunga storia alle sue spalle: prospero centro commerciale romano
prima, emirato arabo poi, più tardi ripreso dai cattolici,
infine Napoleone.
Annidata su una rupe da vertigine, affascina e stupisce. Il Guadalevin
ha tagliato in due la grande zolla. Il tajo, largo 60/80 metri
e profondo 160, è ricucito da tre ponti: uno romano, uno
arabo e uno settecentesco. Un posto come questo non poteva non
attirare l'interesse di personaggi importanti quali Ernest Hemingway
che gli ispirò "Per chi suona la campana". Tanto
affascinò Orson Welles da desiderare di essere sepolto
qui; da qualche anno le sue ceneri sono deposte nel giardino della
casa di Antonio Ordonez. Francesco Rosi girò la "sua"
Carmen, perché qui avvenne la tragedia e non a Siviglia
come voluto da Bizet.
Una oziosa passeggiata ci porta in una tipica cantina. Gustando
un delizioso Madera, lo sguardo vaga sulla Serrada de Ronda, l'anfiteatro
di montagna che contorna il pueblo. La zona aspra e selvaggia
era l'ideale covo dei bandoleros, i leggendari banditi.
La costa è a poca distanza, collegata da una strada tortuosa
che costeggia i fianchi delle aspre montagne della Sierra Blanca.
Ormai il cerchio si è chiuso, rieccoci a Malaga, qui impera
il turismo vacanziero, nulla ci attira se non il mare che culla
nostalgicamente l'ultima sera.