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Brusegan Maria Grazia

TOSCANA D'AUTUNNO.

La Toscana non delude mai, nemmeno col brutto tempo, neanche se piove.
I borghi diventano più solitari e le pietre raccontano più facilmente le loro storie. Più facilmente di quando un sole troppo forte induce a soste ristoratrici, più facilmente di quando turisti e bancarelle comprimono gli spazi.
Pietre, a volte logorate dal passaggio di tanti piedi o sbrecciate da secoli di intemperie.
Pietre che stupiscono e incantano.
Per arrivare a San Galgano percorriamo una strada stretta, piena di curve, ora inghiottita da un bosco folto e scuro, ora libera su fianchi di colline coperte di viti ormai gialle. La pioggia è incessante e fitta e la schiarita è soltanto un desiderio deluso.
E' autunno, fa buio presto e la pioggia anticipa ancora di più la sera. La solitudine del luogo è totale. Nell'intrico dei rami cerchiamo una sagoma maestosa. Eccola. L'abbazia appare in lontananza, misteriosa e affascinante.
Entriamo. Subito lo sguardo va in alto. Le forme slanciate del gotico sono esaltate dalla totale mancanza del tetto… e per pavimento il prato.
Cerchiamo riparo sotto lo stipite del portale, in attesa che una suggestiva illuminazione sottolinei le tre navate, le eleganti bifore, la splendida abside.
Un insistente gocciolare, amplificato dal vuoto e la semioscurità, che lascia intravedere soltanto profili e tutto diventa irreale e senza tempo.
L'incantesimo è rotto, qualcuno ci chiama.

San Galgano è una delle chiese cistercensi più belle d'Italia. Fondata alla fine del XII secolo, fu splendida fino al 1500. Poi, saccheggiata e mal governata, iniziò a decadere. Nel 1550 rimanevano solo cinque monaci. Nel 1786 il campanile crollò travolgendo il tetto, e finì per diventare una cava di pietre e colonne per gli edifici della zona. Da circa un secolo molti lavori di mantenimento consentono di ammirare un eccezionale esempio di eleganza ed armonia.


Anche a Bagno Vignoni qualcosa di inconsueto ci aspetta.

    

Protagonista del paese è l'enorme vasca rettangolare piena d'acqua termale solforosa. Le proprietà curative di queste acque erano conosciute fin dal tempo dei romani e si dice che anche Santa Caterina da Siena curò una forma di tubercolosi e Lorenzo de' Medici l'artrite. Poiché ora nella vasca non ci può più immergere e la voglia di un bagno ormai è diventata pressante, ci dirigiamo velocemente a Saturnia.
Alle Cascate del Molino troviamo la folla, tutti i turisti dei paraggi sembra si siano radunati qui. Nonostante la temperatura, sui dieci/quindici gradi, sono tutti in costume da bagno e quelli fuori posto siamo noi, rivestiti come siamo da maglioni, giacconi e scarpe.
Cerchiamo un posto libero, via i vestiti e giù nell'acqua azzurro latte. Il benessere è immediato. La temperatura più che perfetta.
L'acqua scorre in un fossato largo circa un metro, in certi punti corre così veloce che bisogna aggrapparsi per non essere trascinati dalla corrente, cosa non facile poiché le pareti ed il fondo sono scivolosi per le sostanze che vi si depositano. Il fossato è poco fondo e stando comodamente seduti la testa rimane fuori dall'acqua. Ad un certo punto il terreno fa un salto ed il rivolo diventa una cascata di una decina di metri. Alla base della cascatella i depositi calcarei hanno formato una serie concentrica di vaschette a ventaglio dove immergersi è un piacere impagabile.
Sarà il bagno, ma l'appetito è gigantesco, un'ottima occasione per gustare una fumante ribollita, seguita da saporita carne di cinghiale accompagnata dal tipico Brunello. E per finire, cantucci con il vin santo.

 

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