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Copyright Brusegan Maria Grazia
(profilo)
Uomini del deserto. Non solo
Tuareg.
Alte come montagne, morbide come velluto, sensuali, sinuose come
onde. Onde rosa, onde gialle, onde dorate. Dune.
Dune e dune fin dove l'occhio arriva. Laghi, mari, oceani di sabbia.
E' strano, ma nel deserto si pensa spesso al mare. In un certo
senso sono ambienti simili dove l'uomo si sente piccolo, piccolo,
dove è l'elemento naturale a dominare, conoscerlo non è
facile.
E come ci sono gli uomini di mare così pure ci sono gli
uomini del deserto che conoscono tutto e sanno decifrare segni
minimi, scegliere il passaggio giusto in una distesa enorme e
senza il minimo riferimento, centrare perfettamente una macchia
di vegetazione per trovare legna secca per il fuoco.
Uomini che sanno ancora leggere le stelle, orientarsi in una tempesta
di sabbia e sapere che a ridosso di quei due cespuglietti potremo
trovare confortevole riparo dal forte vento.
Uomini legati alle tradizioni, che ogni mattina e ogni sera, appena
acceso il fuoco, subito, si apprestano a preparare il the, che
ristora e tonifica.
A loro tutta la nostra fiducia nel nostro viaggio nel deserto
Libico.
Noi 6, loro 3.
Ahmed
la guida che per il campo non si accontentava di un posto qualsiasi,
doveva essere il più bello. Maestro nel rito del the, sa
riempire i bicchierini da altezze vertiginose senza perderne una
goccia. Arabo, quarantenne, sposato con quattro figli, inequivocabilmente
nato nel deserto, veste in modo tradizionale con tunica e turbante.
Occhi neri, penetranti, loquace. Di sera, dopo cena, davanti al
fuoco, si chiacchierava, ci si conosceva, si scherzava, ci scambiavamo
informazioni e spesso lui per rafforzare le parole scriveva sulla
sabbia, in arabo, incomprensibile, una scrittura bella e morbida
come le linee delle dune.
Mohammed il giovane cuoco, dal viso dolce come la
sua voce e il suo sorriso. Molto religioso ma senza ostentazione,
pregava con devozione appena la situazione lo permetteva. Incredibile
la sua capacità di fare con le solite cose piatti sempre
nuovi, appetitosi e sofisticati. Una sventagliata di piatti tradizionali.
Non è mancato neanche il taajeelah, pane cotto nella
sabbia ma senza un granello di sabbia, più frequente invece
negli altri piatti.
La cena era il suo momento. In un'ora preparava la minestra sciorba
con verdure, pezzetti di carne, pastina, piccante al punto giusto
per la presenza dell'harissa; il cus cus o maccheroni accompagnati
da carne e verdure a volte impanate e fritte, a volte grigliate
o lessate o farcite. A lui il compito di sistemare ogni sera la
carne fresca sul tetto dell'auto che fungeva da frigo e per mantenerla
fresca riporla la mattina dopo tra uno spesso strato di lana.
E' lui che ha tenuto sulle ginocchia per giorni, tra incredibili
sussulti, giravolte e ondeggiamenti due cartoni di uova fresche
con pochissime perdite.
Ibrahim, l'altro autista, ventottenne, grande guidatore
ed esperto di motori. Imperturbabile di fronte a guasti, forature
e discese vertiginose che affrontava con determinazione senza
curarsi delle nostre richieste o dei nostri timori, tuttalpiù
scomponendosi in un indecifrabile sorriso. Ma la sera, finiti
i discorsi e la voglia di parlare, prendeva una tanica dell'acqua
vuota e suonava. Le sue dita magistralmente producevano da quello
"strumento" un suono suggestivo, semplice, ritmico,
atavico, evocativo. Alla musica si aggiungeva il canto di Mohammed
e di Ahmed che completavano la magia della nera notte nel deserto.
Nera si, ma che cielo straordinariamente punteggiato di stelle
dense e grosse e luminose, fantastico! Ma anche la luna nel deserto
è leggendaria. Al suo sorgere le stelle spariscono e la
luce è così intensa da ridare forma a tutto. E tutto
diventa prezioso argento.
E' grazie al felice incontro con questi uomini che un bel viaggio
è diventato un viaggio speciale, con loro l'impressione
spaesante di vuoto, di nulla, è diventata subito il piacere
della solitudine, il benessere del silenzio e in breve siamo diventati
un piccolo gruppo affiatato che ha girovagato tra stravaganti
pinnacoli rocciosi, ondate di dune, in paesaggi primordiali dove
le rocce sembravano avere occhi e teste e la pelle squamosa dei
dinosauri. Estasiati da tramonti, gelati dalle brezze serali,
sbigottiti dalla bellezza e dalla vastità.
come fare il the "del
deserto" servono: braci, 2 teiere, acqua, the verde, zucchero e bicchierini Nell'acqua fredda versare un bicchierino di the, mettere sulle braci e far bollire, travasare il liquido in un'altra teiera, rimettere sul fuoco aggiungere un bicchierino e mezzo di zucchero, riportare a bollore, travasare varie volte per farlo ossigenare, e l'abilità consiste nell'alzare molto la teiera senza spandere. La schiuma che si forma nei vari travasi viene versata nei bicchierini. Riscaldare ancora la bevanda, infine il the viene versato, denso, corposo, caldo e molto zuccherato. Il rito prevede che il the venga fatto per tre volte con le stesse foglie per cui il primo sarà fortissimo e successivamente sempre più delicato. La ricetta ideale prevede l'aggiunta di menta che gli da un aroma speciale. |
Un'esperta guida di Ghadames che comunica
anche in italiano:
Hafid El Wahshy elwahshy@yahoo.com
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pronti che possono tuttavia essere modificati con grande flessibilità.
E' anche disponibile ad accompagnare chiunque voglia visitare
la Libia utilizzando mezzi propri. Puo' fornire gli inviti, indispensabili
per ottenere il visto.
Per informazioni e/o contatti
Maria Grazia Brusegan
mariagrazia@arcam-mirano.it