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IRLANDA A COLORI.
Sarà stato un periodo particolare,
sarà stata fortuna o una serie di felici coincidenze, ma
lo scorso Maggio in Irlanda è piovuto raramente.
Però, come da copione, il primo giorno pioveva. Non la
tipica irish mist, la pioggia spray che quasi non bagna,
quella che, il tempo di aprire l'ombrello e c'è già
il sole. No, una pioggia vera, fitta, insistente. Un velo d'acqua
amalgamava le forme, confondeva i contorni, disfaceva i colori,
comprimeva l'orizzonte. Nessun problema. Che Irlanda sarebbe senza
pioggia? Del resto avevamo tutto: ombrelli, impermeabili e mantelle,
stivali, vestiti e scarpe di ricambio.
Il giorno dopo invece esce un bel sole - sarà un caso -
infatti nello zainetto infiliamo almeno l'ombrello, non si sa
mai.
Per fortuna, da quel secondo giorno è iniziato un periodo
così solare, così mediterraneo che il nostro stupore
cresceva come la temperatura. Sarà stato poco tipico, ma
tanto, tanto godibile. E colorato.
Colori nitidi, luminosi, intensi. Giallo: siepi. Verde: prati,
alberi, mare. Bianco: pecore, nubi, pietre. Azzurro: cielo, mare,
laghi. Bruno: ruderi, castelli, torba, Guinness. Oro: tramonti,
whiskey. Rosso, azzurro, giallo, rosa, viola: case, fiori, arcobaleni.
Partiamo da Dublino, che per ora
è solamente uno scalo. Non entriamo in città, ci
penseremo alla fine del giro. Adesso abbiamo voglia di cieli,
di erba, di vento, di silenzio
di vedere.
A Glendalough, la "valle dei due laghi", c'è
tutto ciò, ma anche storia, cultura e un bellissimo paesaggio
romantico.
Una stradina si intrufola tra colline e boschi. L'aria è
piena di profumo, dolce e denso. Viene dalle spinose siepi di
ginestrone, straripanti di fiori gialli. Siepi e muretti a secco
si rincorrono ovunque, fiancheggiano le strade e racchiudono campi
verdissimi, dando al paesaggio l'aspetto di un mosaico.
Nei campi, gruppi di bianchi batuffoli su esili gambine nere vagano
lentamente, brucando, instancabili.
Ed ecco, apparire una grande torre circolare, alta e snella. Il
tetto conico. L'ingresso a 3 metri dal suolo. Piccole aperture
illuminano i piani interni. In alto quattro finestre poste sui
punti cardinali. Questo tipo di torri, frequenti in Irlanda, avevano
varie funzioni: torre di osservazione, campanile, punto di riferimento
per viaggiatori, rifugio in caso di attacco.
A Glendalough, nel VI secolo, Kevin, un santo eremita, fondò
una importante cittadella monastica. Le vicende degli uomini e
il passare dei secoli hanno lasciato solo rovine, tra cui: la
chiesa di Reefert, la Cattedrale, la "casa del prete",
il caher, tutto costruito in robusto e ruvido granito. Come le
monolitiche croci celtiche, incrostate di licheni, alcune decorate
ad intreccio, altre lisce. Tra gli antichi resti scorre beatamente
un torrente che scende dai due vicini laghi che si possono facilmente
raggiungere per godere di una bella passeggiata nel bosco.
Ripartiamo. In breve siamo a Sally Gap, un passo dei Monti Wicklow.
Tutto è cambiato. Niente più alberi, ma solo erica
e giunchi. Chiazze di neve. Vento, freddo e umido. Il posto è
suggestivo e vagamente minaccioso. Tratti nebbiosi si alternato
a fasce luminose. Nella foschia ci sembra di intravedere un movimento,
sembrava un cervo
o sarà uno scherzo dell'immaginazione?
Dopo l'ennesima curva la strada comincia a scendere, puntiamo
a sud, verso la costa.
Si susseguono campi, colline, brughiere, piccoli paesi, castelli
scheletriti.
Strada facendo visitiamo la medievale Kilkenny: il castello,
la cattedrale, il centro storico e il Castello di Cashel,
in bella vista sulla rocca.
Ed ecco il mare. Kinsale: il porto, il faro, le prime scogliere.
Affacciarsi sul bordo di una scogliera da emozioni forti, contrastanti.
Sensazione di risucchio e di volo. Attrazione e ribrezzo del vuoto.
A un passo dal ciglio, ci si sporge ancora un po' per sentire
di più l'energia della brezza che sale dal mare. Una colonna
d'aria in cui gli uccelli galleggiano, stallano, volteggiano,
precipitano, in una varietà di fantastiche evoluzioni.
Giù, in fondo, giochi di schiuma e l'incessante moto delle
onde contro le rocce.
La natura è in grande fermento. Tra l'erba rigogliosa le
vistose macchie fucsia degli "spilli di dama"
e la scogliera poi, brulicante di uccelli in piena attività
riproduttiva. C'è chi cova e c'è chi vola avanti
e indietro in un apparente caos. Colonie di gabbiani, urie e cormorani
condividono tutti gli anfratti e ogni asperità disponibile
per la posa del nido, che in tanti casi è un miracolo di
equilibrio.
Sazi di voli e di grida partiamo per le penisole di Beara,
Kerry e Dingle. La strada costiera offre panorami eccezionali,
è stretta e tortuosa - bene, così c'è poco
traffico - incrociare un auto è già un problema,
figuriamoci un autobus. Ma più che macchine è facile
incontrare ciclisti e anche mucche, pecore o cavalli che girano
indisturbati e senza fretta.
Per visitare alcuni siti preistorici facciamo piccole deviazioni
arrancando su sconnessi sterrati. Uno di questi è Stague
Fort, semplice e possente, seminascosto da un'altura ma in
posizione tale che si può vedere fino al mare. La cinta
muraria è a secco, larga 2 metri e alta 5. Non c'è
molto da vedere ma l'insieme è assolutamente affascinante.
Un'altra deviazione, all'interno del Kerry, ci incanta con un
paesaggio imprevedibile. Un lago, alcuni isolotti con pini radi
e rododendri in fiore sono combinati in modo tale che ci sembra
di essere in Giappone.
Poi su, verso il Burren, un altipiano arido e pietroso,
solcato da erosioni carsiche, scarsamente produttivo - e per questo
scampato all'interesse dell'uomo - ma con una grande ricchezza
botanica. In primavera si ricopre di fiori.
E'
quasi mezzogiorno, una baia attraente ci invita a fermarci, poco
dopo arriva una bus carico di bambini con alcuni insegnanti. La
meta della gita è proprio l'acqua. Durata dell'uscita mezzora
circa. Via velocemente scarpe, calze e giacca, su i pantaloni
- e compaiono dei polpaccetti bianchissimi - poi subito nell'acqua,
dapprima cautamente poi sempre più audaci. Qualcuno raccoglie
lunghe alghe, altri cercano conchiglie, c'è chi scruta
nell'acqua, chi salta, chi corre, altri sono impegnati in un gioco
di schizza e fuggi. Al momento di ripartire sono tutti bagnatissimi.
Nessun richiamo da parte degli adulti, nessun commento o preoccupazione.
Chissà come sarebbe andata se la scolaresca e gli insegnanti
fossero stati italiani?
Anche l'incontro con Patric O' Bryan è stato bello. Ha
60 anni ed è un cavatore di torba. Dice che il Connemara
è una zona un po' chiusa dove si parla ancora prevalentemente
gaelico, e povera. Anche lui, in gioventù, è dovuto
emigrare. Dalla torbiera ricava fette di materiale che una volta
seccate diventeranno combustibile. Il lavoro è manuale
e lento. Ha una vanga e una carriola.
Al nord ci aspetta una passeggiata sulla Giant's Causeway, uno spettacolare affioramento di basalto colonnare che degrada nel mare e sul quale si potrebbero inventare tantissimi giochi e fantastiche storie. La leggenda racconta di giganti che vogliono attraversare il mare, la storia parla di tempeste e naufragi. Mare dunque, a volte blu a volte nero o verde, argento o rosa, liscio o burrascoso, rabbioso con gli scogli, carezzevole con la sabbia. Mare per galleggiare, mare per tuffarsi. E la sula è una vera specialista in spettacolari tuffi. Grande come un'oca, bianca, le punte delle ali nere, il becco giallo, appuntito. Vola con lunghe planate. Prima di tuffarsi rotea maestosamente, poi giù a capo fitto all'inseguimento subacqueo del pesce, per 30 metri e più.
E non
finisce qui, ci sarebbe ancora molto da raccontare: della varietà
dei paesaggi, di passeggiate su minuscole baie o vaste spiagge
bianche, delle case con il tetto di paglia, delle siepi di fucsie,
dei mille cartelli pubblicitari della birra Guinness, delle decine
di ciclisti attratti dal fascino irlandese, delle bevute al pub
ascoltando musica dal vivo, delle conchiglie di Coral Bay, delle
sperdute stazioni di benzina - veri bazar - dove si trova di tutto
e ancora: dolmen, mucche, iris in riva al mare, cerchi di pietre,
ecc. ecc. ecc. ma
sarà per un'altra volta.