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Copyright Brusegan Maria Grazia
GORGES DU VERDON, lento lavoro di un fiume.
E' luglio
e fa caldo, innanzitutto un bagno, nello straordinario azzurro
lattiginoso del Lago di Sainte Croix, dove confluisce il Verdon.
Poi, dopo aver scelto una escursione su una imprecisa carta dell'Ufficio
Turistico e aver percorso un breve tratto in auto per portarci
all'inizio del sentiero, una volta arrivati sul bordo del canyon
e data un'occhiata al fondo del burrone l'idea di fare una "breve
escursione", almeno per oggi svanisce: troppo dislivello,
troppo tardi, troppa fatica, troppo caldo. In alternativa decidiamo
di fare un comodo, panoramico e veloce giretto in auto. Ma dopo
le prime cinquanta curve anche l'idea del "breve giretto"
sfuma. Per percorrere tutto il bordo del Verdon servono almeno
5/6 ore su una strada arzigogolata, tortuosa e stretta, ma piena
di spettacolari vedute. A fine giornata un altro bagno, questa
volta a monte, dove il torrente è ancora piccolo, quasi
insignificante, ma bagnarsi qui ha un'importanza particolare,
si tratta pur sempre del Verdon, un torrente mitico. Qualche km
più avanti, nel pieno del suo vigore, straripante di acqua,
si impenna, soffia, si arrotola, spinge e schizza via nelle strettoie
tra le altissime pareti rocciose con una forza bestiale ed un
fragore pauroso.
E' un fiume dove i
canoisti più dotati si avventurano per trovare difficoltà
e soddisfazioni tecniche. Una volta partiti le possibilità
di ritirata sono pochissime, il percorso è tutto un susseguirsi
di rapide e salti, con pochi intervalli dove l'acqua scorre innocua,
liscia e tranquilla. A monte, nella parte più aperta del
torrente la discesa viene fatta anche in gommone o a corpo libero
con muta, pinne e tavoletta galleggiante.
All'arrivo, i gruppi, dopo essere stati spinti per chilometri
dalla corrente potentissima, sollevati dai flutti impetuosi che
scavalcano massi giganteschi e che passano attraverso incredibili
strettoie, approdano esultanti e soddisfatti, e si lanciano in
grida e gesti euforici
forse anche per essere finalmente
scesi a terra sani e salvi.
Invece il nostro itinerario, il Sentiero Martel* GR4 sulla riva
destra, è esclusivamente a piedi. Inizia a LA MALINE a
quota di 900 metri, una località dove c'è un rifugio
del Club Alpino Francese e arriva Point Sublime. Alla partenza
arriviamo con un bus navetta che strada facendo si è riempito
completamente. Le 50 persone partono tutte assieme, ma subito
il gruppo si diluisce seguendo andature e ritmi diversi.
Inizialmente il sentiero scende dolce e ampio, ma dura poco, poi
si fa ripido e sassoso. C'è molto verde e di vario genere:
bossi, ginestre, pino marittimo, timo, ginepro, querce, cipressi,
lecci. A metà percorso cominciano anche gli aceri. Tra
i "buchi" della vegetazione si intravede l'altra riva,
un'impressionante bastionata liscia e gialla distante un centinaio
di metri. Si continua a scendere, per più di un'ora, finché
si arriva all'acqua. La spiaggetta è ghiaiosa disseminata
da grossi massi. La prima sosta. Via scarpe e calze e dentro,
ma per poco, l'acqua è gelida, fonda e veloce. Di fronte,
a pochi metri, l'altra parete, enorme e verticale. Alcuni uccelli
volano sfiorandola, poi si posano sui cespugli incredibilmente
abbarbicati allo strapiombo.
Veloci e silenziosi 5 canoisti sfilano davanti a noi, un saluto
e sono già spariti dietro l'ansa.
Un po' più a valle c'è
la passerella d'Estellié, per chi vuole risalire dall'altra
parte, ma noi riprendiamo il cammino tra scotani dai tronchi scagliosi.
A tratti la boscaglia è interrotta da ripide lingue ghiaiose
dove spicca il giallo del sedum in fiore.
Con una deviazione raggiungiamo Point Mescla dove appunto si mescolano
due torrenti: il Verdon e l'Artuby. La gola è strettissima,
anche qui un bagnetto freddino e poi via perché la parte
più faticosa dell'escursione deve ancora venire. Inizia
un interminabile saliscendi, a volte dolce ma spesso con ripide
salite e altrettanto ripide discese fino alla rampa finale che
chiuderà una lunga, faticosa ma bellissima giornata.
L'ambiente continua ad essere spettacolare,
le pareti sono alte 500/600 metri, in alcuni tratti quasi si toccano.
In fondo, il fiume scava e scava, solca, ci sono massi che sembrano
giganteschi pettini o tozze dita rivolte verso l'alto.
Raggiungeremo l'acqua ancora per due volte ma generalmente il
sentiero segue una cengia a metà parete. C'è anche
una lunga scala metallica che supera un salto totalmente liscio.
Siamo già arrivati a quelle
pareti così lontane da sembrare irraggiungibili. Dorate
dal sole pomeridiano che ne risalta le asperità ne evidenzia
i torrioni, le caverne, i campanili, i buchi, i nasi in un gioco
di forme a volte vere a volte fantastiche.
Verso la fine il sentiero entra in una delle sette gallerie scavate
agli inizi del 1900 per realizzare una diga. Per fortuna il progetto,
anche se a buon punto, rimase incompiuto e fu definitivamente
abbandonato con lo scoppio della prima guerra mondiale.
Usciamo, le pareti incombenti sono finite. Il cielo non ha più
confini e sulle luci de tramonto, quasi un saluto, sopra di noi
volteggiano alcuni grifoni in un lento volo fluido.
BUONO A SAPERSI
L'escursione dura 7/8 ore, dislivello complessivo circa 1000 metri,
sviluppo 14 km, da non effettuarsi con brutto tempo e temporali.
Attrezzatura: scarponcini, pila, viveri, molta acqua in estate.
Anello automobilistico 113 km.
Informazioni a Castellane, La Palud, Mounstiers-Ste-Marie
* Martel Edouard Alfred fu lo speleologo
che per primo realizzò la discesa integrale del canyon
nell'Agosto del 1905.