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Copyright Brusegan Maria Grazia
LE "MERAVIGLIE"
DEL MERCANTOUR
Valle delle Meraviglie, un nome accattivante pieno di suggestioni e
di aspettative. La valle è nelle Alpi Marittime e all'interno
del Parco Nazionale del Mercantour in Francia, definito "un
mosaico di paesaggi" per la ricchezza degli ambienti
e la diversità di flora e fauna. Diversità che viene
dalla composizione geologica, ci sono rocce sedimentarie e cristalline,
vistosamente sollevate e piegate durante la formazione alpina,
successivamente scavate dalle acque e lisciate dai ghiacciai quaternari.
Si tratta anche della parte più a sud delle Alpi, quasi
a contatto con il mare, per cui si va dai boschi mediterranei
ai boschi di conifere, dall'ulivo al larice, dai campi coltivati
alle estese praterie di alta quota.
Ovunque i segni dell'uomo, sacri o profani: la
difesa, la sopravvivenza, il culto, stratificati nel corso dei
secoli o meglio dei millenni. Resti di antiche vie di comunicazione,
fortificazioni, opere di terrazzamento per utilizzare ogni brandello
di terreno anche nelle zone più impervie. Cappelle e chiese,
romaniche, medievali, barocche, alcune delle quali sorprendentemente
affrescate con interessanti cicli pittorici. Ma prima, molto prima,
nel periodo che va tra il 2900 e il 1700 a.C., nell'Età
del Rame e nell'antica Età del Bronzo, quando le popolazioni
vivevano di pastorizia e agricoltura, il sacro era in alto, sulle
cime dei monti e nelle valli sottostanti.
La Valle delle Meraviglie era uno di quei luoghi sacri,
tanto esteso da essere l'area di incisioni rupestri più
vasta d'Europa e una delle più importanti del mondo.
E' una zona di alta montagna ricca di laghetti
contornati da cime scure e tetre incrostate di licheni verdastri.
Le rocce sono grigie, verdi e a volte di un fantastico color malva.
E le parti più pianeggianti sono coperte di erbe rade e
giallastre dove pascolano tranquilli i camosci, a decine.
Il Monte Bego domina e soggioga, ora come nella preistoria. Un
vero tempio per le popolazioni locali. Per secoli gli uomini salirono
lassù, a 2000 metri e più (l'incisione più
alta è a 2700 metri), a compiere riti magici per chiedere
un buon raccolto, delle buone nascite, degli animali sani. Ma
solo agli iniziati, agli sciamani era concesso salire così
in alto, quasi a contatto con le divinità.
Salivano dai villaggi della costa ligure e da quella provenzale
ed anche dal Piemonte. Il viaggio era un'impresa e un'offerta
alle divinità, ma i rituali veri si compivano in alto.
La scelta delle rocce non era casuale, dovevano essere il più
possibile orizzontali, per essere viste da cielo, levigate e di
colore rosso. Rosso, che è il colore del sangue e della
vita e quindi positivo e propiziatorio.
Tante incisioni, circa 40.000, distribuite su 3600 rocce.
Le figure predominanti rappresentano il potente
dio toro che con il fulmine e la pioggia feconda la dea terra.
La figura più famosa e simbolo dell'area è "lo
stregone" rappresentazione del dio Bego o dio toro, che impugna
il fulmine.
Tutti questi segni sono frutto di un lungo e paziente lavoro realizzato
con attrezzi di quarzo (ne sono stati trovati alla base di alcune
rocce) con i quali gli incisori percuotevano la roccia con un
movimento pressorio e contemporaneamente rotatorio, formando delle
microcoppelle, elemento base delle incisioni, che segnava la roccia
ma senza scalfirla. Ed è grazie a questa tecnica che i
graffiti sono resistiti per millenni in situazioni climatiche
estreme.
Si tratta di un linguaggio simbolico diviso in quattro grandi
categorie: l'80% sono figure corniformi, lo 0,5% figure antropomorfe,
le figure geometriche sono il 12,5% e le armi e gli utensili il
7,2%.
I bovini dalle grandi corna rappresentano la forza e la potenza
e possono essere, a seconda della collocazione, il dio toro, ma
anche il bue animale da tiro e quindi simboleggiare la terra.
Poche le rappresentazioni umane tra cui "il
Cristo", "la danzatrice", "lo stregone",
nomi ispirati alla forma del graffito. C'è anche l'antropomorfo
con le braccia a zig-zag, segno del lampo - annunciatore della
pioggia fertilizzante - che sovrasta la dea terra in posizione
orante in attesa di ricevere la pioggia.
Le figure geometriche simboleggiano i campi coltivati e quindi
la dea terra.
I pugnali sono simbolo del fulmine, ma anche indicazione a non
toccare: siete in un luogo sacro!
Pugnali, alabarde ed asce erano le armi possedute a quel tempo
e la loro raffigurazione consente la datazione delle incisioni
anche in relazione agli oggetti rinvenuti (la presenza costante
dell'alabarda e l'assenza della spada indicano con relativa sicurezza
che le incisioni sono anteriori all'Età media del Bronzo).
La preziosa area, anche a causa di vandalismi avvenuti in passato,
a parte qualche piccola area libera, è visitabile solo
con la guida. L'escursione è emozionante e ricca di fascino
e se la visita si fa al pomeriggio quando le luci del tramonto
tramutano tutto in oro è facile capire come gli antichi
abbiano scelto questo luogo per le loro preghiere.
Attigue e altrettanto ricche di interesse sono la Valle di
Fontanalbe e la Valmasque, ad ognuna l'uomo antico
ha attribuito un aspetto sacro in contrapposizione e complementarità:
vita e morte, uomo e donna, cielo e terra.
Per visitarle bene, per godersi i graffiti e il
bellissimo ambiente in cui sono inseriti, per gironzolare in cerca
di animali e di angoli incantevoli, per osservare il gioco delle
nubi - questo infatti è considerato il paese dei temporali
- è necessario pernottare almeno due notti nei rifugi del
Club Alpino Francese, un po' più spartani dei nostri ma
nei quali si trova quello che serve: un letto, una cena calda
uguale per tutti, acqua corrente fredda, perché un rifugio
in effetti non è un albergo.
I gestori dicono che sia tornata la lince e di aver visto il lupo
aggirarsi nei pressi del rifugio, non d'estate che c'è
troppa gente, ma a fine stagione, quando montagna ritorna deserta
e silenziosa. E, chissà, forse sarà stata la suggestione,
ma lassù sulla solitaria Baisse (forcella) de
Valmasque quel movimento furtivo sgattaiolante dietro un
masso è sembrato così vero e ci ha lasciato sorpresi
e felici
anche seppur solo di un'ombra.
E quei due? Sono gipeti, che volteggiano alti in cerca di prede.
Suggerimenti:
· Prima di partire per l'escursione alla Valle delle Meraviglie
conviene fare una visita all'omonimo Museo, a Tenda, per approcciarsi
sia all'archeologia ma anche alla natura e alle tradizioni della
zona. Aperto tutti i giorni, escluso martedì
www.museedesmerveilles.com
· Accesso da Ventimiglia o da Cuneo: SS 20 fino al confine
poi Naz. 204 fino a Tenda
· La salita alla Valle delle Meraviglie si arriva a piedi
e richiede circa 2,30 - 3 ore