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Copyright Maria Grazia Brusegan
e Massimo Baldan
Tutto filava: il volo pomeridiano e l'albergo a Giza, ma un guasto all'aereo - prima di partire per fortuna - l'inevitabile ritardo e addio piramidi. Le vediamo in realtà ma di sfuggita, di notte, loro dietro al muro e arginate da un putiferio di condomini, noi in mezzo alla strada. Però ci appaiono anche la mattina dopo, fortuna vuole, dalla stanza d'albergo, immerse in una nebbiolina fumosa ergersi su una selva di parabole. Recitante come belve in gabbia o come oggetti preziosi? Eppure, anche se imprigionate e attanagliate dalla città, circondate da una sarabanda di traffico e frastornate da troppe luci, affascinano comunque con la loro mole, con la loro arditezza, con la loro storia.
Il giorno dopo siamo ad
Alessandria. Una virgola di mare, di qua una corona di
case di aspetto mediterraneo e dietro a queste condomini e condomini,
di la le piccole barche colorate. I pescatori stanno sistemando
le reti. L'acqua è tranquilla, leggera brezza marina, palme.
Il sole è splendente.
Dove sorgeva il famoso faro (una delle 7 meraviglie del mondo,
crollato probabilmente per un terremoto) la brezza si fa vento
ed è quasi freddo, i suoi resti sono inglobati nel forte
Qait Bei (XV sec) messo a lustro dai recenti restauri. Turisti,
stranieri e locali bighellonano e fanno foto. Famiglie, gruppi
di giovani, scolaresche, coppie di fidanzati. Ragazze egiziane
curiose e sorridenti, si avvicinano per un saluto, per domandare
da dove veniamo, attirate dalla nostra diversità.
Fuori da qui tutto è traffico. Colonne infinite di macchine,
una attaccata all'altra avanzano disposte su più file.
Attraversare la strada è un esercizio di enorme arditezza
e quando il traffico si dirada un po' aumenta la velocità
e anche il rischio.
Ritroviamo una dimensione umana visitando gli altri monumenti:
la "Colonna di Pompeo" ma sorta in onore di Diocleziano;
il Palazzo Reale; la nuova Bibliotheca Alexandrina, un bell'edificio
moderno che commemora la più grande dell'antichità,
distrutta in più riprese per venti bellici e intolleranze
culturali e religiose tra il 270 a.C. e il 600 circa d.C.
Una visita ad El Alamein,
dove sorgono 3 sacrari (italiano, tedesco, inglese), visitiamo
quello italiano a ricordo dei 5200 italiani e libici caduti durante
la 2° guerra mondiale. Morti che andrebbero sempre meditate
e ricordate.
Arriviamo all'ultima località lungo la costa: Marsa
Matrouh e poi giù filati verso sud.
Stiamo per tuffarci nel Grande Mare di Sabbia.
Lo scenario del Deserto dell'Ovest cambierà continuamente
riservandoci continue emozioni e grande stupore.
Costeggiamo la depressione di Qattara, un fondo marino
del quaternario ricco di fossili.
La prima oasi dell'itinerario è Siwa (18 mt sotto
il livello del mare), grande, ricca di acqua e di vegetazione
(grande produzione di datteri), contornata da laghi salati. Molto
importante a suo tempo per i commerci carovanieri e per essere
avamposto strategico. Frequentata da tanti in antichità
che arrivavano fin li per consultare il famoso oracolo. Vi si
spinse anche Alessandro Magno in cerca di buoni auspici per le
sue battaglie e dove ebbe la conferma sulla sua natura divina.
Ora il Tempio di Amon è sbriciolato e a fatica se ne percepisce
l'importanza.
Al centro dell'oasi la "montagna dei morti" su una collina
calva e bucata c'è un'antica necropoli con tombe scavate
nella roccia e affrescate. Un po' fuori invece c'è la piscina
di Cleopatra, il tempio di Umm Beyid e la sorgente di Ain Sharouf
che fluisce tra le dune.
Poi arriva l'oasi di Baharia,
visitiamo il bazar, alcune sorgenti termali e il piccolo museo
dove sono esposte 5 mummie con il volto d'oro. Si tratta di recenti
ritrovamenti rinvenuti nella vicina Valle delle Mummie.
Ma ci stiamo avvicinando al clou del viaggio, il deserto bianco,
il motivo primario del viaggio.
C'è molta aspettativa, ma la realtà supera l'immaginazione.
Verso sera arriviamo su una specie di passo, porta d'ingresso
ad un ambiente straordinario. Rimaniamo esterrefatti davanti ad
una ampia vallata ad anfiteatro che si apre sotto di noi. Alti
torrioni di gesso bianco sono disseminati su una superficie di
sabbia rosata.
Il primo campo viene montato, anzi appoggiato, su un terreno crostoso. La notte stellata è magnifica. La mattina dopo ci muoviamo un po' a piedi in questo paesaggio lunare per apprezzarne di più i dettagli. In certe zone, sulla crosta bianca sono piantati una miriade di proiettili lavici, cilindretti di roccia nera che somigliano a delle pallottole o a delle biglie.
E continuano a susseguirsi infiniti panorami ed altre forme: dossi,
valli, pianori, rocce spigolose, e morbide dune, colline tronche,
erbe rinsecchite e ciuffi di palme rigogliose raccolti attorno
ad una sorgente "magica" o scheletriti tronchi soffocati
e travolti dalla sabbia.
E ancora pietrificate onde spumeggianti.
Attraversiamo un altro
tratto di deserto bianco, questa volta la superficie è
piana e ondulata da creste sottili e taglienti, bianchissime.
Le ombre si stanno allungando e il contrasto tra bianco e nero
sempre più netto. Le creste di fanno sempre più
alte e poi si spaccano in un miscuglio di forme e di sembianze,
a volte fantastiche a volte familiari. Qua un gufo, li un nano,
più oltre un uccellino che ammira estasiato un enorme fungo.
2° notte in tenda. Anche questa volta il posto è magnifico, qui però non siamo soli, nell'oscurità vediamo brillare in lontananza i fuochi di altri campi.
Un'altra oasi, Farafra, la più isolata. Un artista locale espone, in una casa tipica adibita a museo, una raccolta di proprie opere e curiosità locali.
Ci avviamo verso Dakhla, contornata da dune e nude montagne. Ma qui la terra è fertile e il verde brillante dei campi colpisce gli occhi dopo tanto deserto. Campi curati, rigogliosi di foraggio e verdure.
Strada facendo visitiamo il tempio di Mut, la necropoli di età romana di El Mozawaka e il villaggio medievale di El-Qars.
A Kharga, l'ultima oasi del nostro itinerario, vediamo
il complesso cristiano-nestoriano (1)
di tombe e cappelle di Bagawat. il Tempio di Hibis (VI sec. c.C.)
in fase di restauro e molto meglio conservato di tutto quello
che abbiamo finora visto nelle altre oasi. Evidentemente l'interesse
e le risorse egiziane vanno ai monumenti lungo il Nilo.
Un'ultima lunga corsa e verso sera arriviamo ad Abu Simbel affacciato sul lago artificiale Nasser, giusto il tempo per immergerci nel bazar. La mattina dopo, assieme ad altre centinaia di persone (dopo 7 giorni di isolamento siamo rientrati nel flusso turistico più normale) visitiamo i meravigliosi templi di Ramsete II e di sua moglie Nefertari.
Ultima tappa Aswan, con una piacevole traversata in battello immersi nella dorata luce pomeridiana ci portiamo al tempo di Philae. Infine, al tramonto, una affascinante gita sul Nilo, magnifica conclusione per il nostro bel viaggio.
(1) Nestorio, teologo e patriarca di Costantinopoli, fu condannato
come eretico dal Concilio di Efeso nel 421 ed esiliato